AlitaliaInfinita fine di una storia

Il 5 maggio 1947 un trimotore FIAT G12 (I-DALH) si leva in volo con 18 passeggeri a bordo da Torino con direzione Catania, scalo a Roma urbe allora base operativa della neonata Alitalia quello è l’inizio di un orgoglio nazionale durato oltre 60 anni. Nel mese di luglio dello stesso anno con un Savoia Marchetti la compagnia con il suo primo volo internazionale trasporta 38 marinai Norvegesi da Roma a Oslo. Nel Marzo dell’anno dopo con un Lancastrian  per la prima volta, vola da un continente all’altro da Roma verso occidente fino a Buenos Aires. Nel primo anno di operatività la compagnia trasporta più di 10.000 passeggeri e oltre 90 tonnellate di merce.

Era il 1950 quando arrivano le prime hostess, indossavano divise create dalle sorelle Fontana. Nel ’51 i pasti sono caldi e si servono su porcellane Richard Ginori. Era il 1952 quando Alitalia chiude il suo primo bilancio in utile, e lo farà per i 23 anni successivi. Nel ’57 la base primaria è Ciampino, Alitalia è proprietà dell’IRI. Conta 347 aerei di proprietà e 3000 dipendenti. Quello che viene dopo è storia, gli anni ‘60 le Olimpiadi di Roma e il primo milione di passeggeri annui che diventeranno 5 milioni entro la fine del decennio. In quegli anni Alitalia diviene la settima compagnia al mondo e la terza in Europa. Una potenza economica senza precedenti per l’aviazione civile italiana; poi arriva l’austerity, con il prezzo del petrolio alle stelle, e una recessione economica mondiale senza precedenti dal dopoguerra. Arrivano con la deregulation americana le prime compagnie aeree low cost. Alitalia non era solo operazioni volo, ma anche operazioni tecniche, la cattedrale della tecnica la definivano quelli che ci lavoravano dentro. Oggi, le cose sono molto cambiate, false amministrazioni, incompetenti dirigenze, che spesso hanno rasentato la premeditata furfanteria. Falsi accordi, manovre politiche e sindacali, hanno caratterizzato una serie di catastrofi negli ultimi due o tre decenni, lasciando un inestimabile gioiello nelle mani di chi non ne ha saputo minimamente valorizzare il pregio.

Io che non sono capace, io che non ho idea di come si diriga un’azienda, io, non avrei potuto fare peggio. Ma queste cose non sono certo una novità, le potete trovare in ogni dove su articoli dedicati di ogni genere. Darwin ha scritto che non è il più forte colui che sopravvive ma quello che meglio si adatta al cambiamento. Alitalia a mio parere non ha affatto saputo adattarsi al cambiamento. Quello che non troverete scritto da nessuna parte sono i silenzi. I silenzi delle officine, delle macchine utensili, dei trattamenti termici, dei magazzini, degli hangar a pieno regime. I silenzi del centro direzionale Alitalia della Magliana costruito con spese astronomiche, inaugurato nei primi anni 90 e oggi completamente in disuso e abbandonato. I silenzi delle decine di aerei fermi sui piazzali alle 10 del mattino, quando oramai chi doveva andare è andato. Questa era la realtà al 2019, prima del Covid.

“Alitalia è costantemente in perdita ed era una società in difficoltà già da decenni prima del 2019, ovvero molto prima dell’arrivo del Covid, ed è quindi esclusa dalla possibilità di ricevere aiuti sulla base del quadro temporaneo”, spiega la Commissione europea. “Al contrario, Air France e Lufthansa non erano società in difficoltà alla fine del 2019, motivo per cui potevano essere ricapitalizzate in linea con le condizioni del quadro temporaneo”.

Impresa Zombie l’hanno definita gli ominidi della Commistione Europea, gli stessi che vogliono mettere l’acqua nel vino esattamente come faceva mio nonno tanti anni or sono. Pratica immediatamente abbandonata perché persino lui aveva capito che in quelle condizioni quello non era più vino. Insomma questo sembra essere tutto ciò che resta di una gloria dell’aviazione civile mondiale. Ma l’amarezza più grande, sta nell’avere il ragionevole dubbio che forse nel loro arido ragionamento meramente economico, forse, hanno ragione loro.  

 

Di JoCo

Professionista Aircraft maintenance civil aviation

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